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Perché un movimento civico oggi?

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Perché un movimento civico oggi?

21/11/2015

Perché un movimento civico oggi? Semplice. Perché oggi ce n’è bisogno. O, per essere più precisi, perché, secondo il nostro criterio di lettura della realtà della Valtiberina, ce n’è bisogno.

Lo abbiamo detto durante la nostra prima iniziativa sulla situazione dell’edilizia scolastica, sotto le insegne dell’Associazione Borgo Sansepolcro Promuove, se c’è una società civile, attenta, propositiva, critica, viva, le cose funzionano meglio. Le amministrazioni lavorano meglio. Gli individui si comportano meglio. In questo momento storico, in cui le comunità locali e le loro amministrazioni sono strette fra la richiesta stringente di servizi e investimenti di qualità e risorse sempre scarse rispetto ai bisogni, è prioritario scegliere, darsi delle priorità, portare avanti progetti strategici ad alto valore aggiunto e avere il coraggio di mettere in secondo piano i programmi di corto respiro, spesso in odore di clientela, che portano solo ad una dispersione di risorse umane e finanziarie.

Il principale obiettivo di “Progetto Valtiberina” è di fare un focus approfondito sui problemi del nostro territorio, per riuscire ad identificare le priorità e, a cascata, provare ad individuare anche le possibili soluzioni.

Il nostro metodo, come diranno meglio Massimo e Barbara, sarà quello dell’analisi e del dibattito. Ma il dibattito non dovrà essere sterile e fine a se stesso, ma dovrà essere finalizzato a indicare azioni concrete e produttive, utili a risolvere i problemi.

É nostra speranza coinvolgere tutti coloro che vorranno far parte di “Progetto Valtiberina” in modo attivo. Non vogliamo una partecipazione passiva. Vogliamo dei compagni di viaggio operativi, che siano responsabili dei vari dossier, che facciano parte e coordinino i gruppi di lavoro dedicati alle varie questioni, che elaborino soluzioni, idee di sviluppo da proporre alle amministrazioni del territorio, a partire ovviamente da Sansepolcro, per poi estenderle a tutti gli altri comuni.

Una partecipazione attiva di tutti quelli che vorranno iscriversi è condizione essenziale perché il nostro progetto possa funzionare e durare nel tempo, perché questo ci sembra l’unico modo con il quale la conoscenza dei singoli può diventare intelligenza del gruppo e viceversa, in un circolo virtuoso che porti a miglioramenti individuali e collettivi che vadano di pari passo e che crescano insieme, maturando nuove e più profonde consapevolezze. Questo metodo ci permetterà di prendere le distanze da demagogia e qualunquismo, oltre che dall'indifferenza generalizzata per il bene comune. Tutti atteggiamenti questi che, trascurando, quasi per definizione, la dimensione collettiva, stanno minando alla base l’azione pubblica di tutti i livelli di governo e l’agire civico dei singoli. Proprio il bene comune, il suo concetto, la sua definizione teorica e la sua declinazione pratica, saranno il filo conduttore filosofico della nostra esperienza. Il bene comune che rappresenta molto più della sommatoria delle legittime utilità private, ma che, se declinato in modo corretto, può essere anche un moltiplicatore del benessere e della ricchezza dei singoli, oltre che della collettività nel suo complesso. Il bene comune che, se non consiste nella somma d’interessi privati, non è identificabile nemmeno con il bene pubblico tout court. Il bene comune difatti supera lo steccato pubblico/privato, per essere identificato come valore proprio della comunità, che va oltre il concetto sia di singolo che di istituzione e che deve essere perseguito dal pubblico come dal privato.

In un mondo così articolato e interconnesso, con tensioni che deflagrano in ogni dove, con una crescita economica che si sta inceppando non solo in Italia, alimentata soltanto grazie al mare di denaro che viene immesso senza sosta nelle nostre economie, che ad altro non serve se non a trovare rimedi congiunturali, ma che allo stesso tempo prepara, in modo quasi meccanico, la prossima crisi, che, inevitabilmente, sarà più acuta delle precedenti, comunità locali come la nostra devono ritrovare sé stesse, tornare a perseguire il bene comune senza per questo contrapporlo alle aspettative dei privati e tracciare in modo attento le loro priorità, senza chiudersi nei propri confini, ma senza perdere le proprie radici. Anzi ritrovandole e valorizzandole, in un percorso che privilegi la qualità rispetto alla quantità, la sostenibilità rispetto al consumo indiscriminato, il lungo periodo rispetto al breve periodo.

Ritrovare le nostre radici significa riscoprire lo spirito civico, ossia quell’elemento che ha contraddistinto le nostre terre sin dal Medioevo. I comuni, i nostri comuni, difatti, nascono come associazioni volontarie di privati cittadini, composte da membri di classi sociali diverse in difesa di legittime prerogative ed interessi, al fine di emanciparsi dalle pastoie del feudalesimo. Solo più tardi diventano le istituzioni politiche pubbliche, quali tutt’oggi le intendiamo.

Ecco, noi, nel nostro piccolo, vorremmo riuscire a mobilitare le energie e le intelligenze presenti nelle nostre società, per migliorare le politiche pubbliche e renderle più rispondenti ai bisogni di tutti.

Consenso*